Quali sono i requisiti per diventare coltivatore diretto

Scegliere di diventare coltivatore diretto è il primo passo per avviare una fruttuosa attività che traduca sforzi e pratica quotidiana in prodotti propri da destinare al commercio.

Spesso le ansie si impadroniscono di chi eredita un pezzo di terreno e sogna di coltivarlo in proprio.

L’interrogativo prepotente riguarda sempre l’avvio della start up, e cioè quali siano quei passi fondamentali da compiere; è importante infatti non arrivare mai impreparati perché il coltivatore agricolo non è una figura che si improvvisa.

Come in ogni settore, per raggiungere obiettivi ed ottenere il successo sperato, il primo passo innanzitutto da compiere è avere piena conoscenza dell’argomento, sia attraverso specifiche ed approfondite indagini di mercato, sia attraverso un’adeguata formazione che possa fornire le informazioni e potenziare attinenze e capacità.

In Italia, negli ultimi anni, il concetto di formazione ha iniziato ad avere la giusta rilevanza e svariate sono le modalità attraverso le quali un aspirante imprenditore agricolo può acquisire gli strumenti adeguati per compiere le giuste scelte e operare nel migliore dei modi possibili.

Il discorso vale anche per il settore agricolo, un tempo considerato una parentesi nella quale erano inseriti quanto ereditavano tale professione dalla propria famiglia, ma oggi divenuto scelta anche di moltissimi giovani, spesso anche laureati e che, spinti da entusiasmo e dalla consapevolezza delle potenzialità di quest’area del mercato internazionale, scelgono di dedicarsi all’agricoltura, ponendosi come obiettivo il raggiungimento di risultati che mettano al centro la qualità del prodotto.

Innanzitutto bisogna dire che sotto il nome di coltivatore diretto si trova quell’imprenditore agricolo che personalmente dedica il proprio tempo alla coltivazione dei terreni in qualità di affittuario, proprietario o usufruttuario. Il coltivatore diretto può quindi essere un giovane imprenditore al primo insediamento agricolo o una persona che predilige lo stile di vita rurale.

Nonostante la sottilissima linea che separa il coltivatore diretto e l’imprenditore agricolo sia quasi impercettibile, è bene stabilire che in questo articolo si parlerà di lavoratore autonomo che provvede direttamente al proprio terreno e che va annoverato come coltivatore diretto, sebbene si possa parlare anche di imprenditore agricolo.

Come diventare coltivatore diretto: iscrizioni e Partita IVA

requisiti coltivatore direttoPer diventare coltivatore diretto bisogna compiere un primo passo fondamentale e dal quale non si ci può esimere: aprire una partita IVA agricola.

È necessario quindi recarsi dal proprio commercialista e chiedere l’apertura di una partita IVA agricola; quest’ultima attribuirà ufficialmente, a livello tributario e statale, lo status di agricoltore.

È necessario considerare l’agricoltore non più contadino, nonostante il contatto diretto col terreno, ma imprenditore a tutti gli effetti.

Grazie al sapiente utilizzo di beni materiali come i terreni e le macchine agricole, il coltivatore diretto tradurrà il proprio impegno in prodotti agricoli da destinare al commercio.

Per diventarlo a tutti gli effetti è necessario poi registrarsi alla Camera di Commercio e, di pari passo, si otterrà la partita IVA agricola.

Il passaggio della partita IVA è fondamentale perché chi non è in possesso di tale requisito non potrà acquistare mezzi utili all’attività agronomica.

Secondo la legge italiana, infatti, non è previsto l’acquisto di un trattore per hobby o collezionismo, il DPR 153/2006 recita infatti: “il richiedente l’immatricolazione di una macchina agricola è titolare di azienda agricola o di impresa che effettua lavorazioni meccanico-agrarie o che esercita la locazione di macchine agricole”.

Tirando le somme dunque, è possibile acquistare una macchina agricola soltanto se si è agricoltori, conto terzisti o rivenditori. Per essere riconosciuti coltivatori diretti ed essere iscritti della sezione INPS è richiesto inoltre l’impiego di un minimo di 104 giorni lavorativi all’attività, svolti con abitualità.

Questi lavori dovranno essere svolti, inoltre, dal nucleo familiare per almeno un terzo ed è per tale ragione che il coltivatore diretto è spesso considerato una sottocategoria dell’imprenditore agricolo.

Conoscere il mercato e la legge

La passione può essere considerata la forza motrice ma per diventare un coltivatore diretto è necessario che alle iscrizioni di cui sopra vengano affiancati un lavoro e uno studio quotidiano che rendano chiare le richieste del mercato. È importante quindi essere sempre aggiornati su quelli che sono i prodotti più richiesti e venduti ed evitare un catastrofico investimento iniziale che conduca a un nulla di fatto.

Rispondere alle richieste di mercato e non sottovalutare queste ultime rende un coltivatore diretto un ottimo imprenditore, destinato senz’altro al successo.

La domanda da porsi è: cosa piantare?

E da qui in poi è necessario avere la più chiara ed esaustiva preparazione in termini agricoli.

Conoscere il terreno sul quale si va a coltivare e il potenziale di cui è dotato, conoscere le piante ed eventualmente valutarne la coltivazione in base al clima del luogo, conoscere gli antiparassitari e non dimenticarsene.

Proprio per la scarsa attenzione a quest’ultimo aspetto, alcuni coltivatori in proprio hanno danneggiato in maniera irreversibile il lavoro di una vita.

Oltre alla domanda e all’offerta che andranno monitorati con fare certosino e agli aspetti più strettamente pratici della coltivazione, un’altra realtà parallela da non sottovalutare è l’aspetto legislativo.

La nuova riforma della PAC ha scremato notevolmente la difficoltà delle norme che dirigono l’attività agricola ma non per questo la realtà è semplice agli occhi dei novizi.

A tal proposito è utile affiancarsi a un agronomo oppure a un consulente agricolo che possano guidare l’imprenditore nella massima riuscita dell’attività.

Questi ultimi saranno degli utili sostenitori e renderanno chiara la strada che conduce ai numerosi contributi finanziari che la Comunità Europea eroga agli Stati membri a favore delle attività agricole.

Scegliere di diventare un coltivatore diretto richiede un’analisi attenta degli eventuali investimenti iniziali, non solo in termini economici.

Per l’imprenditore, infatti, è importante valutare tutti i mezzi di investimento in termini di attrezzature, macchine, fabbricati e, ultimo ma non meno importante, i terreni.

Una volta soppesati i pro e i contro della start up, è il momento di fare i conti poi con gli investimenti e le spese vive che serviranno per il mantenimento dell’attività, tra cui: tasse da pagare, aiuti europei per l’agricoltura, contributi da versare, conto terzisti e molto altro.

Tutto questo servirà a programmare in maniera precisa l’attività ed evitare di giungere impreparati a metà opera.